“Consumi in picchiata. Precipitano ai livelli del 2004”. Il dato, con relativo commento, è stato diffuso da Confcommercio e si è subito messa in moto la litania dei quotidiani. A nessuno è venuto in mente di interpretare il paragone. Cosa significa essere tornati al 2004? Qual era la situazione dei consumi delle famiglie italiane in quell’anno? “La spesa pro capite per consumi è oggi più che raddoppiata rispetto al 1970. La sua crescita si è però fermata negli ultimi sei anni, dopo essere stata pari in media all’1,7 per cento nel corso degli anni Novanta. Dal 1990 la dinamica dei consumi è stata comunque assai più sostenuta di quella del reddito disponibile, il cui valore pro capite è rimasto sostanzialmente stazionario per tutto il periodo“. Questo è un passaggio contenuto in una lezione di Mario Draghi, all’epoca Governatore della Banca d’Italia, tenuta nel 2007 all’Università di Torino. Spiega molte cose. Innanzitutto che i consumi al 2004 non erano affatto male. In pratica, tolta una breve parentesi fra il 1992 e il 1993, erano cresciuti ininterrottamente per 30 anni, per poi assestarsi negli ultimi 5 o 6. Questo aumento dei consumi peraltro è avvenuto pur in presenza di un reddito stazionario negli anni Novanta. E allora occorre porsi qualche domanda: non siamo stati scriteriati prima? Era così necessario spingere i consumi in assenza di un’adeguata crescita della ricchezza individuale? Invocare la crisi, lanciare allarmi e seminare il panico, la stampa ormai sembra saper fare solo questo. Eppure basterebbe poco, forse soltanto un po’ di voglia di studiare, per analizzare in modo più approfondito i dati che vengono somministrati con generosità. Se rinunciamo a fare questo, non comprenderemo mai cos’è accaduto e men che meno dove stiamo andando.