L’Italia barbara: più cemento per tutti

Cemento

Se il compianto Francesco Rosi potesse girare un remake del film Le mani sulla città, sposterebbe il set da Napoli a Milano. Nella prima inquadratura, dall’alto, ci sarebbero i grattacieli in costruzione nel quartiere Porta Nuova-Garibaldi. Poi sorvolando la grigia città, la camera riprenderebbe l’area della vecchia Fiera, Santa Giulia, Porta Vittoria. Il sacco di Milano, quello che ha trasformato l’Expo del 2015 (dedicato all’alimentazione!) in una colossale operazione immobiliare, si consuma nel silenzio assoluto. Eppure i milanesi sanno pasolinianamente tutto, conoscono i nomi dei responsabili politici, degli operatori immobiliari, dei finanziatori.
Il consumo di suolo è la più grande emergenza ambientale italiana, dalla quale discendono gli altri disastri: impoverimento della biodiversità, perdita irreversibile di suolo fertile, alterazioni del ciclo idrogeologico, mutamenti microclimatici. Se Milano è il simbolo di questa razzia, il resto del Paese non sta meglio. Nell’ultimo decennio in Italia è stato consumato il 7,3% del territorio contro una media europea pari al 4,3%. Ogni giorno sono stati inghiottiti 45 ettari dalla cementificazione. Questi sono i dati ufficiali, ai quali andrebbero aggiunti gli effetti dell’abusivismo, altra piaga tricolore. Si parla tanto di riforma della Costituzione, ma la Carta è già stata riscritta. Sono gli ultimi sessant’anni di storia ad averlo fatto: L’Italia è una Repubblica fondata sul cemento. Frane, smottamenti, alluvioni ci dicono che la Terra reclama rispetto, invece noi siamo capaci di rispondere solo con altro consumo di suolo. Certo, la crisi ingurgita tutto, spaventa e annebbia le menti. In questo clima sguazzano i soliti furbi che impongono la soluzione fatale. Contro il segno meno davanti al tasso di crescita c’è una sola risposta possibile: più cemento per tutti.
Curioso Paese, l’Italia, innamorato tanto del cemento quanto dell’asfalto. Sono 32 le autostrade in cantiere, la maggior parte concentrate fra Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Si aggiungeranno alla rete che ora si estende per 6.630 chilometri. E pensare che contiamo già 2,2 chilometri di autostrade ogni 100 kmq di superficie contro una media europea di 1,5. La situazione si capovolge se parliamo di ferrovie. A fronte di una media europea del 17,7% di tonnellate/km movimentate su ferro (in Germania si arriva al 21.4%) l’Italia si ferma solo al 9,9%.
La difesa della natura e del paesaggio dovrebbe essere al centro del dibattito in un Paese come il nostro, così unico, fragile e prezioso. Invece è solo lo sfondo di tragedie, consumate o scampate. In un Paese rassegnato a un destino di impoverimento e di declino non si parla di ambiente. Sarebbe anche disperato il tentativo di trovare un unico responsabile per i tanti disastri che si sono consumati in Italia negli ultimi decenni. La questione non è più nemmeno: di chi è la colpa? Ora il quesito da porsi è: come ne verremo fuori? Certamente non salveremo l’Italia con gli slogan vuoti e fastidiosi. Di ecoballe ne abbiamo fin sopra i capelli. Non è più il momento di dare fiato alle trombe e men che meno ai tromboni. Occorrerebbe ripartire dal lessico e bandire per un po’ espressioni che suonano vuote e impettite. Basta con la green e la blue economy, gli ecofriendly, le roadmap, le compensazioni ambientali, i cantieri verdi. Occorre tornare alla chiara e vecchia grammatica dei Cederna, i Bassani e i pochi altri pionieri. Il cemento non rilancia l’economia, favorisce invece la speculazione e il clientelismo. I consumi smodati favoriscono uno sviluppo senza progresso, l’abbiamo visto. Il disprezzo quasi baldanzoso per la natura che ha guidato la trasformazione dell’Italia per decenni e che oggi viene mascherato dando pennellate di verde a progetti ugualmente devastanti va combattuto senza mezzi termini. Le repellente crosta di asfalto che si snoda per l’Italia va interrotta. Le mitologie bugiarde e le seducenti demagogie della crescita illimitata vanno smantellate. I maltrattamenti che il nostro patrimonio storico, paesaggistico e monumentale subisce anche per colpa di incompetenti addetti ai lavori che rinunciano all’impegno civile inseguendo le lusinghe degli eventi e delle mostre promozionali invocano giustizia. Se tutto questo non accadrà, ci accorgeremo presto che il peggio deve ancora venire.

 

2 risposte a "L’Italia barbara: più cemento per tutti"

  1. Pingback: Expo Milano 2015 “Nutrire il Pianeta”. Ma il piatto forte è il cemento | L'alternativa nomade

  2. Direi che non è più il momento di dar fiato ne a trombe, ne a tromboni ma neanche a trombati …..
    Il governo Monti, quello dei tecnici, ha varato un decreto di legge “Salva suolo”, l’obiettivo di promuovere l’agricoltura e il riutilizzo delle zone già urbanizzate ponendo un limite massimo al consumo del suolo.
    Il fine di questo decreto si legge: è quello di disincentivare l’attività edificatoria sul territorio.
    Con carta e penna si fanno miracoli, con il resto si fanno sfraceli.

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