Vivere con i libri #6 La musica della vita nei romanzi di Paula Fox

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Per una vita è stata una outsider, un’autrice perlopiù ignorata, dalla critica e dal pubblico. Poi un giorno Jonathan Franzen ha parlato di lei definendola la maggiore scrittrice nordamericana vivente. Così Paula Fox a più di ottanta anni si è presa la rivincita ed è diventata un caso letterario. Anche l’editoria italiana, che non brilla certo per coraggio e lungimiranza, ha seguito l’onda. Dopo Quello che rimane, considerato il capolavoro della Fox, è questo il romanzo elogiato da Franzen, è stato ripubblicato Il segreto di Laura (datato 1976) e via via Fazi ha tradotto anche gli altri titoli. Paula Fox è maestra nella descrizione dei rapporti famigliari, forse grazie alla sua travagliata esperienza personale, raccontata in un’appassionante biografia, Borrowed Finery, che ha contribuito a fare di lei un personaggio di culto. Jonathan Franzen ha scritto che Quello che rimane è superiore ai romanzi di autori come Updike, Roth, Bellow. “Credo che Franzen abbia esagerato, che abbia usato un metro di giudizio poco “letterario”. Non mi sento per nulla a mio agio con quelle parole. E comunque non penso che la competizione letteraria sia molto sana, se non altro perché ora probabilmente mi sono guadagnata l’odio di tutti gli autori citati da Franzen. Dopo aver letto quelle parole sono stata lusingata per circa cinque minuti, poi sono tornata a scrivere” ha dichiarato la Fox anni fa in una delle rarissime interviste apparse in Italia (Corriere della Sera, 2004). I suoi libri, scritti negli anni Settanta, sono ancora molto attuali, profetici paulafox Quello chedirei. Del resto, come ha detto lei stessa, “gli elementi più profondi della nostra esistenza, quelle note che formano la musica della vita, non cambiano nel corso dei secoli (…) Prendete la violenza familiare di cui parlo nei miei libri. Ed è inutile sforzarsi di dire cose nuove: Socrate e Aristotele hanno già detto tutto”. In Quello che rimane la protagonista, Sophie, viene morsa da un gatto randagio, episodio che minaccia di far franare tutto il castello perfetto della sua vita. È uno spunto autobiografico? “Sì. Il mio morso era molto meno serio di quello di Sophie ma è da quell’esperienza che è scaturita l’idea – ha commentato la scrittrice nella stessa intervista. – Proust parlava di un’antica tecnica giapponese che consisteva nel buttare dei pezzettini di carta in un vaso pieno d’acqua e osservare le forme infinite che quei coriandoli assumevano assorbendo l’acqua, diventando, sulla base dei nostri ricordi, case, persone, eventi”. La Fox ha avuto un’infanzia molto difficile. I suoi genitori prima la misero in un istituto, poi l’affidarono ad altre persone. “Il concetto di famiglia mi è sempre stato estraneo – ha spiegato. – Non sono mai appartenuta a nessuna famiglia che si possa definire tale, ed in questo senso sono sempre stata completamente libera. È un vantaggio o una condanna a seconda di come la vedi”. Non appartenere a una famiglia o a una conventicola ha regalato alla Fox un’autonomia di pensiero eccezionale.
paulafox Costa-OccidentaleBenché abbia amato molto Quel che rimane, preferisco, per quanto possano interessare i miei giudizi, Storia di una serva e Costa Occidentale. Ma l’unica cosa certa è che Paula Fox merita di essere letta tutta, ma proprio tutta. Perdonatemi questa banalità, ma ogni volta che in una libreria vedo qualcuno scegliere uno di quei banali, spesso orribili, titoli da classifica e sullo stesso banco, di fianco o poco distante, occhieggia un romanzo della Fox, sono tentato di afferrare il polso del compratore per impedire l’incauto acquisto.
Nella travagliata esistenza della scrittrice c’è stato spazio anche per una figlia avuta in giovanissima età, paula-fox-storia-di-una-serva-dalla quale è stata lontana per decenni. Tra i nipoti della Fox c’è la cantante Courtney Love, che aveva sposato il leader dei Nirvana, Kurt Cobain. A proposito di figli e quindi bambini, Paula ha scritto anche molti libri l’infanzia, spesso dai temi difficili: la morte, l’Aids, l’emarginazione. “Scelgo questi temi – ha spiegato – perché io mi sono sempre sentita una outsider. In fondo ogni bambino lo è in un certo momento della sua infanzia, ad intermittenza. Scrivo, o meglio scrivevo, di cose che venivano considerate pericolose, e di cui di solito si parlava poco. Ora di pericoloso è rimasto ben poco e dunque non scrivo più libri per bambini. Coleridge diceva che non c’è nulla di più pericoloso e sbagliato dell’insegnamento delle virtù. Ai suoi tempi c’erano molti libri di quel tipo e purtroppo ve ne sono anche oggi”.
La Fox ha cominciato a scrivere a quarant’anni, in Grecia, durante una pausa di sei mesi che si era presa. “Sono rimasta sorpresa quando qualcuno si è offerto di pubblicare i miei scritti” ha sempre dichiarato. La sua storia potrebbe indurre a credere che c’è una speranza per tutti. Forse è così. Ma attenzione, la sua scrittura e il suo talento sono merce assai rara.

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