Pasticcio kazako: se la nostra credibilità passa per le parole di Scajola e Treu

Le cose in Italia non funzionano (ed è evidente che da qui in avanti andrà solo peggio) e lo rivelano anche piccoli dettagli. Che poi tanto piccoli non sono. Prendiamo il caso del brutto pasticciaccio kazako. Ed esaminiamo alcuni commenti ripresi dai scajolagiornali in questi ultimi due giorni. Ieri Il Fatto Quotidiano ha ospitato un’intervista a Claudio Scajola. L‘ex ministro degli Interni, forte della sua esperienza, dice due cose importanti: primo, Alfano non poteva non sapere, secondo, l’Eni in Kazakistan ha investito tanto e ci sono affari importanti in corso. Bravo Scajola, chiaro e incisivo. Ma, un momento, Scajola chi? Quello finito nella bufera e dimessosi per lo scandalo della casa pagata “a sua insaputa”? Ebbene sì, proprio lui.
Oggi Linkiesta pubblica un ampio servizio in cui spiega che da Vendola a Berlusconi, passando per Prodi, Italia intera è stata ai piedi di Nazarbayev, con l’inevitabile codazzo di imprese grandi e piccole. È antipatico quanto sto per fare, però sostanzialmente è lo stesso concetto che ho espresso nel mio post di ieri. Linkiesta naturalmente si avvale di ben altri mezzi, esperienza e mestiere del sottoscritto, quindi fornisce un nutrito numero di esempi per provare la nostra ‘sudditanza’ politico-economica verso il Kazakistan. Un ottimo servizio, a parte l’incauta scelta di raccogliere un commento di Tiziano Treu: «Un brutto affare. Sono rimasto scioccato». Ma, un momento, Treu chi? Quello che è stato ministro del lavoro nei Governi Dini, Treu_TizianoProdi I e D’Alema e promotore del cosiddetto “Pacchetto (guarda te, a volte i nomi!) Treu” che ufficialmente ha introdotto in Italia il principio della flessibilità del lavoro, nella pratica tradottosi in precariato e diseguaglianze sociali? Ebbene sì, proprio lui. Lo stesso Tiziano Treu peraltro è da anni il presidente del consiglio di cooperazione tra Italia e Kazakistan e viene da domandarsi come mai non sia mai rimasto scioccato dalla continua violazione dei diritti umani nel Paese asiatico: sindacalisti misteriosamente uccisi, radio e televisioni chiuse e perquisite, giornalisti aggrediti, lavoratori e manifestanti rinchiusi in carcere senza accuse. Molti nostri politici sembrano essersi accorti di tutto questo solo oggi, ma da tempo la comunità internazionale denuncia la situazione. All’inizio dell’anno passato l’Ocse definì le elezioni appena avvenute “non democratiche”. Ora, se in Italia affidiamo a figure come Scajola e Treu il ruolo di interpretare lo sdegno per quanto è accaduto, ciò significa che siamo proprio finiti. La collusione con le autorità del Kazakistan non è un fatto ristretto a qualche politico e un paio di aziende corrotte o corruttibili. No, qui c’è un intero Paese, il nostro, con i suoi governanti e i suoi imprenditori, pronto a fare affari con chiunque. In Kazakistan come in Nigeria e in tante altre aree del mondo. Perfino il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che non ha ancora napolitanocommentato la vicenda, non si è sottratto all’idea di avere rapporti ufficiali con il dittatore kazako Nazarbaev. Lo ricevette nel 2009 spiegando che il Kazakistan «è un Paese esempio e specchio di tolleranza, di moderazione e di convivenza pacifica». L’ultimo ministro a fare visita a Nazarbaev è stato quello della Difesa Giampaolo di Paola nel febbraio del 2013. Ma, un momento, Di Paola chi? Quello che insieme all’altro ministro Terzi, i Bibì e Bibò della diplomazia italiana, è stato protagonista della vergognosa vicenda dei marò? Ebbene sì, proprio lui. Comunque, nel 2012 Mario Monti ci andò ben due volte per incontrare il primo ministro Karim Massimov. Insomma, la vicenda dell’improvvida espulsione di Alma Shalabayeva e la piccola Alua, moglie e figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, è stata solo una maldestra operazione che ora costringe politici e imprenditori a difendere il loro diritto a operare in Kazakistan. Tranquilli, ora cadrà qualche altra testa, magari anche quella di Alfano, ma gli affari non si fermeranno. No, quelli non si fermano mai.

 

6 risposte a "Pasticcio kazako: se la nostra credibilità passa per le parole di Scajola e Treu"

  1. questo scritto è uno splendido e drammatico ritratto della nostra società . Lavoriamo onestamente con la speranza del cambiamento deposta in un taschino interno, molto interno, molto difficoltoso da raggiungere della nostra giacca.

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