Ci sono molti giornalisti, specialmente fra le firme dei cosiddetti grandi quotidiani, per intenderci quelli che appartengono di diritto all’establishment dell’editoria bene e fanno sempre e solo informazione all’insegna di una presunta sobrietà, che scrivono articoli di parte spacciandoli per esempi di oggettività. La scorrettezza, è ovvio, non sta nel parteggiare, ma nel fingere di essere vestali della libera informazione.
Un esempio di questo modo di lavorare appare oggi nella colonna dei blog di corriere.it ed è firmato da Giangiacomo Schiavi, vicedirettore del Corriere della Sera. Il pezzo s’intitola Ponte Lambro: dove c’era un (eco) mostro ora giocano i bambini. Si parla di un parco che ha cancellato lo scheletro di un edificio. Da una parte i cattivi: i pali in cemento armato dell’albergo mai finito per i mondiali di calcio del ’90 e il Caf, il triangolo Craxi Andreotti Forlani. Dall’altra i buoni: un nuovo spazio per passeggiare e giocare e Ada Lucia De Cesaris, assessore all’Urbanistica del Comune di Milano cui è attribuito il merito di questo risanamento ambientale atteso da anni dai residenti e più in generale dai milanesi.
Ora, il recupero di una parte di periferia, pur piccola che sia, è senza dubbio una buona notizia. Sorprende però che sia salutato con tanto entusiasmo, ignorando il fatto che in numerose altre zone della città si sta consumando suolo con gran voracità. Domando al vicedirettore del Corriere di domandare a sua volta al “tosto assessore comunale” Ada Lucia De Cesaris, “un assessore che della tutela ambientale ha fatto un punto di merito” cosa simboleggiano i mastodontici cantieri che stanno vomitando un’infinità di nuovo cemento sulla città di Milano. Sarebbe interessante saperlo. L’ecomostro di Ponte Lambro “simboleggiava l’assalto alla diligenza che per anni ha fatto scempio del territorio”, scrive Schiavi. Bene, siamo tutti d’accordo. Questo invece cosa rappresenta?
E quest’altro?
E quest’altro ancora?
Magari il “tosto assessore” che ha dimostrato che “quando si vuole, si può fare”, se interpellato dal vicedirettore del Corriere potrebbe fornirci qualche spiegazione e aiutarci a capire come mai il nuovo “sacco di Milano” si sta consumando nel silenzio assoluto.
Schiavi chiude così il suo post: “Nel nostro Paese ci sono ancora tanti ecomostri (fisici e metaforici) da abbattere”. Anche in questo caso, come non essere d’accordo? Peccato che agli ecomostri fisici in attesa di essere abbattuti se ne stanno già affiancando molti altri, che forse il vicedirettore riconoscerà come tali solo fra vent’anni.