Oggi sulla Terra ci sono oltre sette miliardi di persone, forse quattro volte di più di quante ve ne fossero un secolo fa. La popolazione non è cresciuta solo di numero, ma è anche meglio nutrita e vive più a lungo, nonostante le catastrofi che avvengono tuttora in Africa e in Asia sembrerebbero indicarci il contrario. Il mondo è più ricco di quanto lo sia mai stato prima, produce beni e servizi in quantità e varietà smisurata ed è dominato da una tecnologia in costante progresso, la cui conseguenza più evidente è stata la rivoluzione nelle comunicazioni che ha praticamente annullato il tempo e la distanza. Fino al decennio passato la maggior parte delle persone ha avuto un tenore di vita superiore a quello dei propri genitori e, nelle economie avanzate, perfino superiore a quanto avessero mai potuto immaginare. Perché dunque non si sta celebrando questo prodigioso progresso e invece si diffonde un senso di disagio e inquietudine? Perché un numero crescente di persone guarda al futuro senza speranza? A metà del Novecento sembrò che si fosse trovato il modo di distribuire con maggiore equità almeno una parte di tutta la ricchezza che si stava accumulando nel mondo, ma poi la disuguaglianza ha preso di nuovo il sopravvento e si è massicciamente introdotta anche nei paesi ex comunisti, dove prima se non altro regnava una certa uguaglianza dovuta a una generale povertà. Le diversità nelle nazioni emergenti o in forte sviluppo, come Cina e India, sono ancora più accese e crudeli che nelle mature democrazie occidentali. La tirannia del denaro ormai permea ogni angolo del globo generando discriminazioni ripugnanti. Da una parte lusso e sprechi, dall’altra povertà estrema. Papa Francesco ha tuonato più volte al riguardo. “I soldi comandano – ha osservato. – Se tanti bambini non hanno da mangiare non è notizia, sembra normale, ma non può essere così”. Già, eppure lo è. La cultura e la pratica dello spreco procedono a ritmi inarrestabili, alimentate da lobbies industriali e dagli stessi Stati che sostengono processi produttivi dannosi e talvolta anche inutili, basti pensare al continuo consumo di suolo in Italia per la costruzione di nuove case, mentre i centri storici sono sempre più disabitati. Un quadro allarmante di questo mondo a due velocità è rappresentato dallo spreco alimentare. Il volume complessivo di cibo gettato via, nei vari passaggi dal campo alla tavola, ammonta a 1,3 miliardi di tonnellate. Lo ha rivelato il “Rapporto sulle conseguenze ambientali dello spreco di prodotti alimentari” della Fao. In tutto il mondo viene prodotto cibo in quantità tali da soddisfare le necessità di 12 miliardi di persone, eppure 842 milioni soffrono la fame. Questo spreco ha effetti disastrosi anche sull’economia, il costo è stimato in 565 miliardi di euro, e sull’ambiente. Per produrre generi alimentari destinati a finire nella spazzatura si emettono 3,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, più del doppio della quantità arrecata dai trasporti su strada negli Stati Uniti. Un quadro analogo emerge dal rapporto del Wwf “Quanta natura sprechiamo” e dall’indagine realizzata da GfK Eurisko con la collaborazione di Auchan e Simply secondo cui ogni anno in Italia vengono buttati col cibo 1.226 milioni di metri cubi di acqua, 24,5 milioni di tonnellate di CO2 e il 36% dell’azoto da fertilizzanti usati inutilmente. Intanto proliferano le iniziative simboliche dei produttori e si approfitta della diffusione di questi dati apocalittici per promuovere i comportamenti virtuosi di questa e quella azienda. La sensazione però è di assistere impotenti a un mercato dominato da ben altri equilibri e interessi. I bimbi che muoiono di fame, i senzatetto e i poveri non fanno notizia, per tornare alle parole di Bergoglio. Invece gli indici di borsa e le percentuali del Pil occupano stabilmente giornali e Tv. Verrebbe da aggiungere che per avviare un autentico cambiamento occorre partire dal basso. Se non si temesse di sprecare anche le parole.
Piccoli segnali di cambiamento ci sono, ma devono essere fatti ancora molti passi in quel senso
Molte sono le cause della fame nel mondo, da un po’ di tempo se ne è aggiunta un’altra: la crisi finanziaria.
Questa è una “roba” brutta, perché nasce da una parte e si espande ovunque.
MASSIMO