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Il genius loci italico

Nella giornata in cui si celebra il plebiscito nazionale pro Renzi uscito dall’urna elettorale europea, sfugge a molti commentatori l’autentico vincitore: il genius loci italico, ossia il gattopardismo. Da tempo il rottamatore ha imbarcato sulla sua nave di furbacchioni interi pezzi della vecchia classe dirigente politica e imprenditoriale nonché del mondo dell’informazione. È questo ciò che piace a noi italiani: lasciare tutto com’è, ma facendo finta che tutto cambi. Lo troviamo maledettamente rassicurante. Siamo di fronte all’ennesima fine di un’epoca, ma non certo alla fine degli antichi privilegi: quelli rimangono. Grazie a Tancredi-Renzi le famiglie che contano conserveranno le proprie posizioni. Ancora una volta. Forse per sempre.

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Cos’è questa Expo della vergogna? Io so

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Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quella che viene già chiamata “nuova tangentopoli” (e che in realtà è una serie di “tangentopoli” istituitasi a sistema dentro i centri del potere).
Io so perché l’Expo dei corrotti non si può fermare.
Io so perché tutti adesso invocano l’emergenza cantieri.
Io so che molti dei politici citati nelle intercettazioni ora diranno: sono solo millanterie!
Io so che lo Stato non è più forte dei ladri, perché i ladri sono anche dentro lo Stato.
Io so che ci saranno sempre un Greganti o un Frigerio da immolare.
Io so perché i comandanti “traditi” dai loro vice dichiarano di volersi dimettere, ma poi restano al loro posto.
Io so che il partito dei Dell’Utri, dei Cosentino e degli Scajola non è poi così diverso da quello dei De Gregorio, dei Razzi, degli Scilipoti e dei vari transfughi dall’Udeur e neppure da quello che tollera il “sistema Sesto”, il “compagno G” e compagnia cantante.
Io so che faccia hanno i corruttori seriali.
Io so che mentre molti si indignano, si consumano feste e festicciole per sostenere i candidati alle prossime Europee dove si vedono facce che nessuna persona per bene inviterebbe a casa propria.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato sia la vecchia tangentopoli, sia la nuova tangentopoli, sia infine gli “ignoti” autori materiali di tutti gli episodi di corruzione più recenti.
Io so i nomi del gruppo di potenti che sono sempre pronti a ricostruirsi una verginità.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, assicurano la protezione a vecchi e giovani faccendieri.
Io so i nomi dei personaggi grigi che non si espongono mai.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai criminali comuni e ai tragicomici malfattori dati in pasto alla stampa.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

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Il fascino discreto della corruzione

Se Flaubert potesse aggiornare il suo Dizionario dei luoghi comuni, molto probabilmente aggiungerebbe “Corruzione: indignarsi contro”. I commenti rilasciati dalla gran parte dei politici in seguito alla scoperta da parte della Procura di Milano di una cupola che controlla gli appalti di Expo Milano 2015 sono pieni di doppiezza e fariseismo. “L’unica cosa da non fare è cancellare Expo. Sarebbe la più grande sconfitta per la democrazia, sarebbe come ammettere che l’illegalità ha vinto”, le dichiarazioni del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, chiamato dal premier Matteo Renzi a seguire i lavori dell’Expo, riassumono il pensiero dei vai Lupi, Alfano, Maroni, Pisapia e tutta l’allegra combriccola di expoentusiasti. E così al grido di ‘Expo deve andare avanti’ rimetteremo la testa sotto la sabbia, almeno finché una nuova bufera giudiziaria non ci costringerà a rialzarla.
Non è davvero un caso se tra i dannati della V Bolgia dell’VIII Cerchio dell’Inferno Dante pone i corrotti (colpevoli di aver usato le loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi, privilegi) vicino agli ipocriti.
L’Italia è come l’alveare immaginato da Bernard Mandeville nella sua Favola delle api: prospera e si sviluppa grazie alla corruzione. Tutti lo sanno, compreso quelli che si indignano. I politici che rimproverano gli altri farebbero bene a guardare in casa propria. Forse esaminando la propria coscienza si vergognerebbero di protestare per ciò di cui sono anch’essi più o meno colpevoli. L’inclinazione a corrompere e a lasciarsi corrompere appartiene alla natura umana. Ma in molti di quelli che giungono al potere vi è addirittura qualcosa di grossolano e volgare: quasi stupiti di essere arrivati lì, pensano solo ad approfittare dell’improvvisa manna loro offerta. Di questi saccheggiatori che terrorizzano, corrompono e tesorizzano non ci libereremo mai. Non illudiamoci, siamo noi.

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Expo 2015: la vetrina infangata

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Eccolo il logo a cui tutti ambiscono da mesi. Ormai non c’è manifestazione, evento o progetto che non si fregi del logo di Expo Milano 2015. Tutti lo vogliono appiccicare da qualche parte, per promuovere un servizio o vendere un prodotto. Tutti convinti che la presenza di questo simbolo sia sufficiente a garantire una qualità migliore alle iniziative proposte. Ma ora che su Expo Milano 2015 si sono allungate le solite ombre, ombre che peraltro qualcuno aveva già intravisto da tempo – lo stupore scandalizzato per gli arresti di ieri e la decapitazione di Infrastrutture Lombarde di qualche settimana fa può appartenere solo agli ingenui o ai falsi in malafede – siamo ancora sicuri che questo sia il logo giusto da applicare in vetrina?

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Gomorra è tra noi

A otto anni dal libro di Roberto Saviano e a sei dal film di Matteo Garrone, Gomorra è diventata una serie Tv le cui prime due puntate sono andate in onda l’altra sera su Sky Atlantic e Sky Cinema. Pubblico e critica sono stati concordi nel riconoscere il valore della fiction, e in effetti se paragonata a quelle messe in onda da Rai e Mediaset sembra prodotta da un altro pianeta. La storia è tutto sommato semplice: c’è un boss che non vuole rassegnarsi al suo declino, un figlio che potrebbe rimpiazzarlo ma non sembra averne le capacità, e poi ci sono i suoi scagnozzi, alcuni fedeli, altri meno. I luoghi sono reali: Scampia, Secondigliano, Casavatore e l’hinterland napoletano; le vicende narrate sono inventate, sebbene, come chiarito dagli autori, siano ispirate a fatti reali. Al telespettatore alcune scene potrebbero apparire esagerate. C’è davvero tanto male intorno a noi? Sì, anzi ce n’è ancora di più. Le prime pagine dei giornali online in queste ore registrano e commentano la scoperta da parte dei magistrati milanesi di una ‘cupola’ per condizionare gli appalti di Expo 2015 (nuovo scandalo dopo quello che ha coinvolto Infrastrutture Lombarde, ma vedrete che ne scoppieranno altri prima dell’evento) e l’arresto da parte dell’Antimafia dell’ex ministro Scajola accusato di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Su di lui anche l’ombra di un sodalizio con la ‘ndrangheta. Siamo seri, chi mai la scriverebbe una sceneggiatura del genere? Viviamo in un paese dove la realtà è ben più compromessa, corrotta e criminale di quanto possa immaginare anche il più fantasioso degli autori cinematografici. Ecco, questa è la realtà. Il resto è solo finzione.

gomorra serie tv