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Turismo in Italia: al diavolo la bellezza, ripartiamo dall’etica

Beni-culturali

Abbiamo il maggiore patrimonio culturale al mondo e la minore consapevolezza collettiva di averlo. Nessun altro Paese esibisce un divario tanto consistente tra beni culturali e ambientali posseduti e capacità di riconoscerli, difenderli e valorizzarli, in modo che l’arte, la natura e il paesaggio possano essere risorse autentiche.

Abbiamo un ministro dei Beni Culturali convinto che quel centinaio di facinorosi che giorni fa a Milano hanno manifestato contro l’iniqua distribuzione della ricchezza provocherà un danno economico irreparabile al turismo nazionale. Farebbe bene, tale ministro, a leggere le classifiche della competitività turistica globale. Scoprirebbe che, sebbene ogni anno, in occasione del Forum economico di Davos, dimostranti contestino anche in forma energica banchieri e capi di Stato di fronte alle telecamere di tutto il pianeta, la Svizzera domina incontrastata il ranking in virtù delle sue ottime infrastrutture e di un elevato grado di sicurezza, ma anche grazie alla qualità degli alberghi e dei servizi turistici, alle leggi ambientali molto severe e a una vasta percentuale di territorio soggetta a vincoli di protezione.

Nella stessa classifica (Travel & Tourism Competitiveness Report) l’Italia figura al 26° posto, penultima fra i paesi dell’Europa occidentale. Se pensiamo che nonostante questo resta ancora al 5° posto (a lungo è stata prima) tra le mete mondiali, è ancora più facile rendersi conto della disparità tra la bellezza che abbiamo ereditato e la nostra capacità di gestirla.

Sono finiti i tempi in cui ministri incompetenti e industriali arraffoni dichiaravano alla stampa: i beni culturali sono il nostro petrolio. La nuova sciocchezza che ci sentiamo ripetere per sostenere, almeno a parole, l’importanza dei tesori nazionali è: brand Italia. Tutto è brand: Firenze e Venezia, il Colosseo e la Scala, le Dolomiti e Capri. Perfino Leonardo è un brand. Diffidate quando sentite pronunciare questa parola.

Nell’immaginario l’Italia resta in cima ai sogni di molti. E a dire il vero è ancora in vetta alla classifica mondiale per quel che riguarda la voce “patrimonio artistico e culturale”. Poi c’è la realtà dei fatti. E i fatti raccontano di un Paese in decadimento. Non sono solo le immagini degli Scavi di Pompei ridotti come sappiamo o della Reggia di Caserta in totale abbandono a scaraventarci nelle retrovie; sono anche i disservizi, le furberie e i bidoni che rifiliamo a chi viene a trovarci. L’economista statunitense Jeremy Rifkin ha definito il turismo come “l’espressione più potente e visibile della nuova economia dell’esperienza”. E l’esperienza che gli stranieri sperimentano da noi è spesso fatale.

È per questo che non siamo più primi. E anche per altro. Il Report sulla competitività turistica penalizza fortemente l’Italia pure per il modo in cui gestisce le sue ricchezze paesaggistiche: siamo 53esimi nelle politiche di sostenibilità ambientale, addirittura 84esimi nell’applicazione delle norme ambientali, 101esimi per le emissioni di CO2. E infine siamo al 135° posto, su 140 Paesi esaminati, per la trasparenza della politica. Rifletta, ministro. Rifletta!

Fonte http://www.rivistanatura.com

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Parco Nazionale dello Stelvio: santuario della natura o merce di scambio?

Parco Nazionale StelvioIl Parco Nazionale dello Stelvio sta per essere smembrato in due parchi naturali provinciali e uno regionale. Attorno a questo progetto mercoledì scorso, a Roma, si è giocata una partita importante: la Commissione paritetica fra Stato e Regione Trentino-Alto Adige (detta dei Dodici) ha esaminato e dato il proprio via libera alla Norma di attuazione relativa alla “delega di funzioni amministrative statali concernenti il Parco Nazionale dello Stelvio”.

Pochi giorni prima, 13 associazioni ambientaliste avevano rivolto un appello alla Commissione affinché non approvasse tale proposta. “L’appello delle associazioni ambientaliste contro lo smembramento dello Stelvio è arrivato fuori tempo massimo” è stato il lapidario commento del senatore Svp Karl Zeller.
Da anni il suo partito rivendica una gestione autonoma dell’area protetta di propria competenza, svincolata dal Consorzio che oggi amministra il Parco Nazionale, costituito da ministero dell’Ambiente, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento e Regione Lombardia. Questa rivendicazione dell’Svp ha trovato una sponda importante mesi fa, quando il parlamento italiano, approvando la legge di stabilità del 2014, ha incluso una norma secondo la quale le funzioni statali relative al Parco dello Stelvio possono essere trasferite alle due province autonome di Trento e Bolzano.

Ora che è stato acquisito anche il parere favorevole della Commissione dei dodici, per l’attuazione definitiva basterà il via libera del Consiglio dei ministri.
Lo smembramento del parco sarebbe, secondo molti, il risultato di un accordo elettorale tra Pd, Svp e il Patt, il Partito Autonomista Trentino Tirolese, raggiunto perché il governo ha bisogno anche dei voti dei parlamentari sudtirolesi. “Sembra incredibile che, mentre in tutta Europa e nel mondo intero si propende per la creazione di parchi transfrontalieri (ci sono magnifici esempi non soltanto in Europa ma anche in Africa e altri continenti), – ha commentato il naturalista italiano Franco Pedrotti – in Trentino-Alto Adige si voglia scindere un territorio per motivazioni localistiche e strumentali, che poco si coniugano con la pretesa di una maggiore tutela ambientale”.
Di parere opposto il sindaco di Bolzano Spagnolli, ex-direttore del parco in questione, secondo il quale le associazioni ambientaliste stanno facendo una difesa dello status quo; per l’attuale primo cittadino bisogna uscire dall’ipocrisia di chi si ostina a difendere lo Stelvio, perché così com’è, non tutela la natura.

Il prossimo anno il Parco Nazionale dello Stelvio compirà 80 anni. Arriverà a spegnere le candeline?

Fonte http://www.rivistanatura.com