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Parco Nazionale dello Stelvio: santuario della natura o merce di scambio?

Parco Nazionale StelvioIl Parco Nazionale dello Stelvio sta per essere smembrato in due parchi naturali provinciali e uno regionale. Attorno a questo progetto mercoledì scorso, a Roma, si è giocata una partita importante: la Commissione paritetica fra Stato e Regione Trentino-Alto Adige (detta dei Dodici) ha esaminato e dato il proprio via libera alla Norma di attuazione relativa alla “delega di funzioni amministrative statali concernenti il Parco Nazionale dello Stelvio”.

Pochi giorni prima, 13 associazioni ambientaliste avevano rivolto un appello alla Commissione affinché non approvasse tale proposta. “L’appello delle associazioni ambientaliste contro lo smembramento dello Stelvio è arrivato fuori tempo massimo” è stato il lapidario commento del senatore Svp Karl Zeller.
Da anni il suo partito rivendica una gestione autonoma dell’area protetta di propria competenza, svincolata dal Consorzio che oggi amministra il Parco Nazionale, costituito da ministero dell’Ambiente, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento e Regione Lombardia. Questa rivendicazione dell’Svp ha trovato una sponda importante mesi fa, quando il parlamento italiano, approvando la legge di stabilità del 2014, ha incluso una norma secondo la quale le funzioni statali relative al Parco dello Stelvio possono essere trasferite alle due province autonome di Trento e Bolzano.

Ora che è stato acquisito anche il parere favorevole della Commissione dei dodici, per l’attuazione definitiva basterà il via libera del Consiglio dei ministri.
Lo smembramento del parco sarebbe, secondo molti, il risultato di un accordo elettorale tra Pd, Svp e il Patt, il Partito Autonomista Trentino Tirolese, raggiunto perché il governo ha bisogno anche dei voti dei parlamentari sudtirolesi. “Sembra incredibile che, mentre in tutta Europa e nel mondo intero si propende per la creazione di parchi transfrontalieri (ci sono magnifici esempi non soltanto in Europa ma anche in Africa e altri continenti), – ha commentato il naturalista italiano Franco Pedrotti – in Trentino-Alto Adige si voglia scindere un territorio per motivazioni localistiche e strumentali, che poco si coniugano con la pretesa di una maggiore tutela ambientale”.
Di parere opposto il sindaco di Bolzano Spagnolli, ex-direttore del parco in questione, secondo il quale le associazioni ambientaliste stanno facendo una difesa dello status quo; per l’attuale primo cittadino bisogna uscire dall’ipocrisia di chi si ostina a difendere lo Stelvio, perché così com’è, non tutela la natura.

Il prossimo anno il Parco Nazionale dello Stelvio compirà 80 anni. Arriverà a spegnere le candeline?

Fonte http://www.rivistanatura.com

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Alluvione in Sardegna: il silenzio degli onesti e il gracchiare dei corvi

Uno degli aspetti drammatici meno evidenti dell’alluvione che ha colpito la Sardegna è il silenzio degli onesti. Il silenzio di quelle persone, studiosi o semplici appassionati, che già negli anni Sessanta e Settanta del secolo passato invocavano interventi atti a prevenire, a investire sulla tutela del suolo, a ridare il giusto valore al paesaggio. Alcune di quelle persone, penso ad Antonio Cederna, Giorgio Bassani, Renato Bazzoni, non sono più fra noi. Le loro battaglie si sono infrante contro il muro di gomma della cattiva politica e dell’indifferenza generale. Altri hanno semplicemente smesso di credere nella possibilità di un cambiamento, si sono rassegnati alla peggiore delle loro previsioni, ossia che in questo disgraziato Paese le cose non potranno mai cambiare in meglio. Così oggigiorno ogni disastro ambientale, magari provocato da fenomeni eccezionali ma le cui conseguenze sono sempre aggravate dalle dissennate politiche urbanistiche, è accompagnato soltanto dalle vuote, retoriche parole dei corvi istituzionali, corresponsabili a differenti livelli, e dalle inopportune denunce dei profittatori, cioè di chi si avvantaggia di situazioni eccezionali o delle altrui disgrazie per ricavarne guadagno, magari con un bell’editoriale, un libro o una comparsata in Tv. Giornalisti, opinionisti e commentatori di 50, 60 e anche 70 anni che non ricordo di aver mai visto in prima linea a battersi a favore dell’ambiente quando pochi prestavano attenzione a simili “bagatelle”. In questi giorni sfogliando le pagine dei più noti quotidiani leggerete pezzi intrisi di indignazione e di denuncia. Sono firmati da celebri editorialisti, a volte autori di titoli che negli ultimi anni hanno incassato molto bene in libreria. Ebbene, dopo aver dato la vostra adesione ai toni profetici di questi signori ponetevi una domanda: dov’erano venti o trenta anni fa, quando già si consumava l’atto finale del saccheggio al territorio italiano, ma tutti ancora danzavano e brindavano inebriati da un falso progresso che poggiava solo sul malcostume e la peggiore devastazione? 

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L’Italia barbara: più cemento per tutti

Cemento

Se il compianto Francesco Rosi potesse girare un remake del film Le mani sulla città, sposterebbe il set da Napoli a Milano. Nella prima inquadratura, dall’alto, ci sarebbero i grattacieli in costruzione nel quartiere Porta Nuova-Garibaldi. Poi sorvolando la grigia città, la camera riprenderebbe l’area della vecchia Fiera, Santa Giulia, Porta Vittoria. Il sacco di Milano, quello che ha trasformato l’Expo del 2015 (dedicato all’alimentazione!) in una colossale operazione immobiliare, si consuma nel silenzio assoluto. Eppure i milanesi sanno pasolinianamente tutto, conoscono i nomi dei responsabili politici, degli operatori immobiliari, dei finanziatori.
Il consumo di suolo è la più grande emergenza ambientale italiana, dalla quale discendono gli altri disastri: impoverimento della biodiversità, perdita irreversibile di suolo fertile, alterazioni del ciclo idrogeologico, mutamenti microclimatici. Continua a leggere