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La presunzione del Panda e la lezione di Goffredo Parise

Living Planet Report 2014

È stato presentato a Milano il rapporto 2014 Living Planet, decima edizione della pubblicazione edita ogni due anni dal Wwf. Lo studio esamina lo stato del pianeta e in particolare analizza le popolazioni di oltre 10mila specie di vertebrati. Secondo il Report, molte di queste si sono più che dimezzate negli ultimi 40 anni.

Qui potete scaricare una Sintesi del lavoro.
http://awsassets.wwfit.panda.org/…

I numeri confermano che l’umanità sta chiedendo sforzi troppo grandi alla Terra e che dunque è essenziale “svilupparci in modo sostenibile e creare un futuro dove le persone possano vivere e prosperare in armonia con la natura” come ha affermato Marco Lambertini, direttore generale di Wwf International.

Cosa si debba intendere per sviluppo sostenibile resta ancora una questione aperta, che spesso viene reinterpretata dal soggetto che la promuove. Al riguardo mi siano consentite due riflessioni sulla presentazione italiana del rapporto… La presunzione del Panda e la lezione di Goffredo Parise.

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Expo 2015: di briccone in briccone si avvicina la kermesse

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Ci risiamo. Expo 2015 torna a far parlare di sé per appalti truccati e corruzione. L’ultimo furbetto finito sotto la lente dei pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio è Antonio Acerbo, 65 anni, direttore Construction del Padiglione Italia e commissario delegato di Expo 2015 in relazione al progetto “Vie d’acqua”, ora indagato per corruzione e turbativa d’asta. Acerbo è stato direttore generale del Comune di Milano con la giunta Moratti. L’indagine in cui è rimasto coinvolto è una tranche dell’inchiesta che lo scorso maggio ha portato agli arresti, tra gli altri, di Gianstefano Frigerio, Luigi Grillo e Primo Greganti. Inchiesta riguardante una serie di irregolarità negli appalti di Expo e della sanità lombarda e che avrebbe accertato la presenza della cosiddetta ”cupola degli appalti”. Insomma, Expo 2015 si rivela sempre più per quello che è: una ghiotta occasione per manigoldi di ogni specie. Eppure proprio in questi giorni su Tv, radio e giornali è partita la grancassa per la vendita dei biglietti d’ingresso alla kermesse. Conduttori televisivi e radiofonici in brodo di giuggiole, pronti a magnificare il “grande” evento. Gli scandali? Echissenefega!!! L’Italia deve ripartire! D’altronde anche il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha detto che le indagini devono fare il loro corso (bontà sua), ma i lavori non si possono fermare. Dunque, arrivederci al prossimo briccone.

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Cos’è questa Expo della vergogna? Io so

expo_manifesto
Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quella che viene già chiamata “nuova tangentopoli” (e che in realtà è una serie di “tangentopoli” istituitasi a sistema dentro i centri del potere).
Io so perché l’Expo dei corrotti non si può fermare.
Io so perché tutti adesso invocano l’emergenza cantieri.
Io so che molti dei politici citati nelle intercettazioni ora diranno: sono solo millanterie!
Io so che lo Stato non è più forte dei ladri, perché i ladri sono anche dentro lo Stato.
Io so che ci saranno sempre un Greganti o un Frigerio da immolare.
Io so perché i comandanti “traditi” dai loro vice dichiarano di volersi dimettere, ma poi restano al loro posto.
Io so che il partito dei Dell’Utri, dei Cosentino e degli Scajola non è poi così diverso da quello dei De Gregorio, dei Razzi, degli Scilipoti e dei vari transfughi dall’Udeur e neppure da quello che tollera il “sistema Sesto”, il “compagno G” e compagnia cantante.
Io so che faccia hanno i corruttori seriali.
Io so che mentre molti si indignano, si consumano feste e festicciole per sostenere i candidati alle prossime Europee dove si vedono facce che nessuna persona per bene inviterebbe a casa propria.
Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato sia la vecchia tangentopoli, sia la nuova tangentopoli, sia infine gli “ignoti” autori materiali di tutti gli episodi di corruzione più recenti.
Io so i nomi del gruppo di potenti che sono sempre pronti a ricostruirsi una verginità.
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra, assicurano la protezione a vecchi e giovani faccendieri.
Io so i nomi dei personaggi grigi che non si espongono mai.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai criminali comuni e ai tragicomici malfattori dati in pasto alla stampa.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

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Il fascino discreto della corruzione

Se Flaubert potesse aggiornare il suo Dizionario dei luoghi comuni, molto probabilmente aggiungerebbe “Corruzione: indignarsi contro”. I commenti rilasciati dalla gran parte dei politici in seguito alla scoperta da parte della Procura di Milano di una cupola che controlla gli appalti di Expo Milano 2015 sono pieni di doppiezza e fariseismo. “L’unica cosa da non fare è cancellare Expo. Sarebbe la più grande sconfitta per la democrazia, sarebbe come ammettere che l’illegalità ha vinto”, le dichiarazioni del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, chiamato dal premier Matteo Renzi a seguire i lavori dell’Expo, riassumono il pensiero dei vai Lupi, Alfano, Maroni, Pisapia e tutta l’allegra combriccola di expoentusiasti. E così al grido di ‘Expo deve andare avanti’ rimetteremo la testa sotto la sabbia, almeno finché una nuova bufera giudiziaria non ci costringerà a rialzarla.
Non è davvero un caso se tra i dannati della V Bolgia dell’VIII Cerchio dell’Inferno Dante pone i corrotti (colpevoli di aver usato le loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi, privilegi) vicino agli ipocriti.
L’Italia è come l’alveare immaginato da Bernard Mandeville nella sua Favola delle api: prospera e si sviluppa grazie alla corruzione. Tutti lo sanno, compreso quelli che si indignano. I politici che rimproverano gli altri farebbero bene a guardare in casa propria. Forse esaminando la propria coscienza si vergognerebbero di protestare per ciò di cui sono anch’essi più o meno colpevoli. L’inclinazione a corrompere e a lasciarsi corrompere appartiene alla natura umana. Ma in molti di quelli che giungono al potere vi è addirittura qualcosa di grossolano e volgare: quasi stupiti di essere arrivati lì, pensano solo ad approfittare dell’improvvisa manna loro offerta. Di questi saccheggiatori che terrorizzano, corrompono e tesorizzano non ci libereremo mai. Non illudiamoci, siamo noi.

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Expo 2015: la vetrina infangata

expo 2015 logo

Eccolo il logo a cui tutti ambiscono da mesi. Ormai non c’è manifestazione, evento o progetto che non si fregi del logo di Expo Milano 2015. Tutti lo vogliono appiccicare da qualche parte, per promuovere un servizio o vendere un prodotto. Tutti convinti che la presenza di questo simbolo sia sufficiente a garantire una qualità migliore alle iniziative proposte. Ma ora che su Expo Milano 2015 si sono allungate le solite ombre, ombre che peraltro qualcuno aveva già intravisto da tempo – lo stupore scandalizzato per gli arresti di ieri e la decapitazione di Infrastrutture Lombarde di qualche settimana fa può appartenere solo agli ingenui o ai falsi in malafede – siamo ancora sicuri che questo sia il logo giusto da applicare in vetrina?

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Gomorra è tra noi

A otto anni dal libro di Roberto Saviano e a sei dal film di Matteo Garrone, Gomorra è diventata una serie Tv le cui prime due puntate sono andate in onda l’altra sera su Sky Atlantic e Sky Cinema. Pubblico e critica sono stati concordi nel riconoscere il valore della fiction, e in effetti se paragonata a quelle messe in onda da Rai e Mediaset sembra prodotta da un altro pianeta. La storia è tutto sommato semplice: c’è un boss che non vuole rassegnarsi al suo declino, un figlio che potrebbe rimpiazzarlo ma non sembra averne le capacità, e poi ci sono i suoi scagnozzi, alcuni fedeli, altri meno. I luoghi sono reali: Scampia, Secondigliano, Casavatore e l’hinterland napoletano; le vicende narrate sono inventate, sebbene, come chiarito dagli autori, siano ispirate a fatti reali. Al telespettatore alcune scene potrebbero apparire esagerate. C’è davvero tanto male intorno a noi? Sì, anzi ce n’è ancora di più. Le prime pagine dei giornali online in queste ore registrano e commentano la scoperta da parte dei magistrati milanesi di una ‘cupola’ per condizionare gli appalti di Expo 2015 (nuovo scandalo dopo quello che ha coinvolto Infrastrutture Lombarde, ma vedrete che ne scoppieranno altri prima dell’evento) e l’arresto da parte dell’Antimafia dell’ex ministro Scajola accusato di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Su di lui anche l’ombra di un sodalizio con la ‘ndrangheta. Siamo seri, chi mai la scriverebbe una sceneggiatura del genere? Viviamo in un paese dove la realtà è ben più compromessa, corrotta e criminale di quanto possa immaginare anche il più fantasioso degli autori cinematografici. Ecco, questa è la realtà. Il resto è solo finzione.

gomorra serie tv

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Non tutti i Maroni vengono per nuocere

Il presidente lombardo Roberto Maroni è arrivato a dire che “la Regione è parte lesa” nelle indagini che hanno portato all’arresto di Antonio Giulio Rognoni, direttore generale di Infrastrutture Lombarde, e di Pierpaolo Perez, direttore ufficio appalti. Se c’è qualcosa di leso, oltre ai cittadini lombardi, è il cervello di chi pronuncia queste parole senza pudore. Per fortuna c’è un altro Maroni, Marco, giornalista freelance, che sulle pagine de Il Fatto Quotidiano l’altro ieri ha scritto questa cosa qua Stampa, silenzi e grandi opere – Marco Maroni. Benvenuti alla mangiatoia dell’Expo, ce n’è per tutti. E non stupitevi se in giro ci sono ancora così tanti Expo-ottimisti. Nonostante i problemi organizzativi, le ombre del malaffare e i sospetti di infiltrazioni criminali. Nonostante tutto, insomma.

 

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Un logo vintage per il Padiglione Italia di Expo Milano 2015

Un germoglio tricolore stilizzato. È il logo del Padiglione Italia per l’Expo di Milano 2015, presentato ieri a Roma nella sede della Stampa estera. Non c’è molto da dire. Qualche delusione è trapelata subito, nonostante le parole cariche di entusiasmo usate da Diana Bracco, presidente di Expo 2015 spa e commissario generale di sezione del Padiglione Italia. Nel logo si nasconde “tutta l’Italia nelle sue tante articolazioni, le sue moltissime diversità – ha spiegato Bracco, – in una maniera da cui emerge unità, una rappresentazione univoca del nostro Paese”. L’ho fissato a lungo, quasi rapito. Caspita! mi sono detto, ma io mi identifico davvero in questo marchio. Sento che appartiene alla mia memoria. Poi si è accesa la luce. Il ricordo è affiorato con prepotenza. Il disegno è pressoché identico a quello che campeggiava sulla carta da parati del tinello di una mia vecchia zia. Negli anni Settanta.

Expo 2015 logo Padiglione Italia

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Expo Milano 2015 “Nutrire il Pianeta”. Ma il piatto forte è il cemento

Verranno a dirvi che Expo 2015 sarà un’occasione unica per rilanciare l’Italia.
E che sarà un’occasione unica per riprogettare Milano.
Verranno a dirvi che Expo 2015 sarà uno straordinario evento universale, che darà visibilità alla tradizione, alla creatività e all’innovazione nel settore dell’alimentazione.
Difatti lo slogan di Expo 2015 è “Nutrire il Pianeta”. Al centro dell’evento dovrebbe esserci il tema del diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il mondo.
Verranno a dirvi tutto questo e molto altro ancora: che si è già ottenuto il record di adesioni, che è previsto il record di visitatori, che senza Expo 2015 saremmo destinati al declino. Esattamente come ci avevano detto che senza l’euro saremmo precipitati in una crisi drammatica…
Ogni volta che sentirete queste parole, naturalmente pronunciate con l’enfasi che si accorda a simili ‘ghiotte’ occasioni, vi invito a guardare immediatamente dopo le immagini riportate qui sotto. Documentano l’immenso cantiere aperto da mesi a Milano su un’area racchiusa tra la linea ferroviaria dell’alta velocità, il polo fieristico di Rho-Pero, il tratto urbano della A4, la statale del Sempione e il cimitero Maggiore. Qui sorgerà il sito espositivo, progettato secondo la mente fervida degli organizzatori come espressione del tema ‘Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita’. A una persona comune e raziocinante invece pare soltanto una spaventosa colata di cemento, che si aggiunge ai grattacieli del quartiere Porta Nuova-Garibaldi e ai palazzoni in costruzione o già costruiti nell’area della vecchia Fiera, a Santa Giulia e a Porta Vittoria. Sembra del tutto evidente che il piatto forte con cui si pensa di nutrire il Pianeta è a base di cemento, condito da asfalto e trivelle, il tutto sapientemente miscelato da ruspe.

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Sullo sfondo di queste ultime due foto si possono osservare il Monte Rosa  e altre cime delle Alpi innevate. Costituiscono un’elemento di naturalità che potrebbe disturbare. Ma non preoccupatevi. I Tre Moschettieri (che come ben sappiamo in realtà erano quattro) raffigurati nell’immagine sottostante si stanno diligentemente adoperando per risolvere anche questo problema. Soffieranno con forza il loro vento barbaro fin verso le pendici dei monti. E qualcosa magari accadrà.

letta-sala-maroni-pisapia- expoda sinistra Giuseppe Sala, Enrico Letta, Roberto Maroni, Giuliano Pisapia. 

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Due o tre cose su Milano. Sulla speculazione edilizia. E sulle rivoluzioni mancate.

Due anni fa buona parte della stampa nazionale, quella che vuole dettare l’agenda politica anziché raccontare i fatti, ha incoronato il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, come il liberatore, il leader capace di innescare quel riscatto che il capoluogo lombardo attende da tempo. giuliano-pisapiaOggi quella stessa stampa ha cominciato a processare il primo cittadino per l’inerzia fin qui dimostrata. Nei consigli di amministrazione di quei giornali siedono i rappresentanti di molti operatori interessati al sacco edilizio che si sta consumando sotto il cielo di Milano, milioni di metri cubi di altro cemento gettati in pasto alla più becera speculazione. Potrebbe dunque essere anche lecito pensare che, dopo essere passati dalla cassa, ora possono gettare il sindaco arancione alle ortiche. Come? – dirà qualcuno – tutte le lottizzazioni in corso sono state decise dai predecessori di Pisapia! Vero, anche se sarebbe più corretto affermare che dietro il sacco di Milano ci sono tali e tante complicità che per passarle al setaccio ci vorrebbe una specie di Tribunale dell’Aja. Ma a parte questo, vi pare possibile che un sindaco insediatosi con l’obiettivo di moralizzare la città non abbia speso, né lui, né i suoi assessori, compreso le assessore a cui molti hanno guardato con tanta speranza, una sola parola di denuncia nei confronti di tanta bruttezza? Pisapia e la sua giunta avrebbero dovuto piantare le tende in mezzo al cantiere di Porta Nuova-Garibaldi, fra il ferro e il cemento che si alza sopra le poche vecchie case sopravvissute all’assalto, soffocandole e martirizzandole. Avrebbero dovuto raccogliere intorno a loro lo sdegno e la protesta di chi sognava una città differente, non dico una metropoli romantica, ma nemmeno quell’infamia di asfalto e cemento che ha immaginato la Moratti (e le forze che l’hanno sostenuta) per Expo 2015. Invece, niente. L’infernale cantiere delle ex Varesine/Isola avanza, al pari di quelli di Fiera City, Santa Giulia e Porta Vittoria. Porta NuovaIl primo, quello che ospita il grattacielo di Unicredit e il nuovo Palazzo della Regione (orgoglio di Formigoni) e poi in mezzo una selva di palazzi di 20 e più piani, racconta in modo esemplare che Milano ormai è fottuta. Nessuno, con una qualche conoscenza architettonica e urbanistica, avrebbe mai potuto pensare che all’interno di quel dedalo di vie si potesse costruire tanto. Venite a fare una passeggiata se non mi credete: vi mancheranno l’ossigeno e la prospettiva. Se alzate gli occhi, lo sguardo sbatte sui vetri. E anche se guardate da lontano non avrete alcuna speranza di apprezzare le strutture o lo skyline. Perché Milano è piccola, stretta e congestionata.
Certo, a pensarci bene era davvero difficile immaginarsi Giuliano Pisapia accampato per protesta in mezzo alle gru in compagnia di Stefano Boeri (assessore alla cultura ‘licenziato’ tre mesi fa), architetto-politico interessato al progetto dato che i due grattacieli denominati «bosco verticale» all’Isola sono firmati dal suo studio. E ve lo sareste immaginato Bruno Tabacci (ex assessore al bilancio di Milano che ha lasciato l’incarico a gennaio per volare di nuovo in Parlamento), politico di lungo corso, già presidente della Regione Lombardia dal 1987 al 1989, uno dei punti di snodo tra i poteri economici e la politica di centro, ricevere una tazza di caffè fumante dai colleghi di giunta dopo aver trascorso la notte in tenda in mezzo all’orrido cantiere?
Siamo seri, se ancora è possibile. La ‘rivoluzione arancione’ di Pisapia è finita il giorno dopo che è stato eletto, anzi diciamo pure che non è mai cominciata. Spiace, ma lo dico in modo sincero non col ghigno di chi aveva già previsto tutto, spiace per quei giovani che ci hanno creduto davvero. Ma ora vi domando: pensavate davvero di poter cambiare una città come Milano in compagnia di architetti-politici e di gente come Bruno Tabacci, un democristiano uscito indenne da varie indagini, puro tra gli impuri?
Milano non è cambiata, anzi sprofonda. Per carità, ora non si possono addossare tutte le colpe a Giuliano Pisapia. Sarebbe stato davvero un uomo dei miracoli se fosse riuscito a invertire la rotta. Perché, diciamoci la verità, il declino di Milano è in atto da anni, decenni ormai. Sembra quasi una barzelletta, ma gli ultimi sindaci che hanno governato con una prospettiva sono stati quelli socialisti. Lasciamo perdere il sindaco-cognato Paolo Pillitteri, però occorre tornare per esempio a Carlo Tognoli per trovare l’ultimo primo cittadino che ha operato con una visione acuta del rapporto centro-periferie e che in queste ultime ha portato strutture e progetti. Poi c’è stato il vuoto, è cominciata l’era dei diminutivi: Formentini e Albertini. Nei riguardi del primo mi pare uno spreco spendere parole, il secondo sarà ricordato per aver sfilato in mutande. E questo in realtà è un errore, perché l’imprenditore prestato alla politica, come si definì lui stesso, ma che dalla politica non si è mai più allontanato, ha avviato la maggior parte dei progetti di riqualificazione della città, dalla Vecchia Fiera alla zona Porta Nuova-Varesine. Progetti che sono stati implementati da Letizia Moratti; lei poi ha anche messo il fiocco sul pacco regalo per gli immobiliaristi e i costruttori (tutti naturalmente privati) che  possiedono i terreni sui quali Milano ospiterà l’Expo e su cui all’indomani del 2015, con una nuova colata di cemento, nascerà una cittadella da 400mila metri quadrati e circa 15mila abitanti.
Intanto, dicevo, Milano sprofonda. E non occorre essere architetti e urbanisti per coglierlo, anzi forse aiuta non esserlo. Milano è vittima dell’incuria e dell’abbandono. L’arredo urbano è indegno, la progettazione e la manutenzione del verde, salvo rarissime eccezioni, sono vergognose. Non soltanto nelle periferie, anche in centro. Milano è asfittica, ripiegata su se stessa. Triste. Chi di voi è stato in giro per l’Europa sa come si crea il sentimento di una città e come si ottiene l’equilibrio tra palazzi, strade, luce, verde e persone, quell’equilibrio che passa sotto il nome di respiro metropolitano. Per anni mi sono vergognato di scrivere queste cose, perché mi pareva di accodarmi a quel fenomeno un po’ facilone e grezzo chiamato esterofilia. Ma basta entrare in un museo, passeggiare in un parco, salire su un mezzo pubblico, sedersi ai tavolini di un caffè per rendersi conto che altrove la qualità della vita è migliore. Fare l’elenco delle città europee risorte dopo un periodo più o meno lungo di decadenza è un esercizio fin troppo semplice. Così come raccontare dei tanti quartieri periferici perduti e malfamati reinventati grazie a un’accorta regia tra mano pubblica e mano privata.
Concludo raccontandovi un episodio. Qualche settimana fa, dopo aver trascorso il pomeriggio al Parco delle Cave, un’area verde Parco-delle-Cave-situata alla periferia occidentale di Milano ben progettata e curata con amore, una di quelle poche eccezioni di cui parlavo, ho scelto di fare due passi nel popolare quartiere di Baggio, lambito dal nuovo parco. Nel nucleo storico ancora oggi si vedono scorci del vecchio borgo e si possono ammirare alcune ville in stile Liberty. L’emblema resta però la chiesa di Sant’Apollinare, con il meraviglioso campanile romanico risalente all’anno Mille. Quel giorno all’interno della chiesa si esibivano al piano un gruppo di ragazze e ragazzi diretti dalla pianista e concertista russa Tatiana Larionova. Lei stessa, al termine del saggio, ha regalato agli astanti una breve, quanto intensa esibizione con il marito Davide Cabassi, uno dei migliori pianisti italiani della sua generazione. All’uscita dalla chiesa, una sciabolata di sole illuminava ancora i vecchi edifici di Baggio. Ho pensato che in qualsiasi altro luogo d’Europa, attorno a una chiesa così antica e fascinosa e ai resti di vetusti palazzi e cascine sarebbe sorto un quartiere animato da piccole botteghe, caffè e locande. A Milano no.via anselmo da baggio