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Ogni rivoluzione parte dalle parole

Il decadimento della politica italiana è stato preceduto dall’uso insistente di parole trite, tristi, vecchie, stanche. E l’informazione, quella stessa informazione che crede di meritarsi la “i” maiuscola quando invece è solo la corte minuscola della stessa politica, ha assecondato, anzi rafforzato questi questi riti vuoti, questi panegirici estenuanti. I protagonisti che hanno tentato di sparigliare sono finiti nel tritacarne ed espressioni come “teatrino della politica” o “rottamazione” hanno presto assunto lo stesso fascino di centralismo democratico, unità d’intenti, convergenze parallele, tavolo di concertazione, blocco sociale, forte condivisione, abbassare i toni, situazione contingente, mettere in campo delle politiche, larghe intese, vibrante monito. Per favore, basta! Smettetela.  Esiste qualcuno capace di farci riscoprire che si può parlare di politica senza tutto questo grigiume? Capace di farci innamorare della cosa pubblica e assaporare il gusto di governare insieme il nostro domani? Capace di esprimere passione, coraggio, bellezza. Se c’è, batta un colto. Anzi dica una parola. Chiara, semplice, facile.

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Ma come parli? Le parole da evitare

Qualcuno prima o poi scriverà un libro o magari farà un film sulla “grande bolla” della comunicazione. È un tripudio di esperti e studiosi del linguaggio e dei processi comunicativi. Eppure mai come oggi le parole appaiono spesso prive di significato, consumate, fiacche, svuotate da un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Involucri vuoti. Nei telegiornali trionfano le frasi fatte. Sulle pagine dei giornali scorrono fiumi di parole che non parlano. Nelle pubblicità si ripetono slogan afoni. E le dichiarazioni dei politici sono costellate di formule fisse, che distraggono l’ascoltatore e denotano soltanto pigrizia e trascuratezza. Anche negli ambienti di lavoro la musica non cambia. È un tripudio di locuzioni letali e irritanti termini stranieri di cui ci si ammanta per sembrare più capaci.
Per tornare a essere ascoltati dovremmo rigenerare le nostre parole e restituire loro un senso. Ci sono problemi più importanti e urgenti, è vero. Manca il lavoro, ma non sarà certo con le parole vuote che ne creeremo di nuovo. La forma a volte è sostanza, soprattutto nel linguaggio.

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