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Emma, sognatrice senza speranza

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No, non stiamo parlando di Emma Bovary, mi rendo conto che il titolo potrebbe ingannare. Stiamo parlando invece di Emma Bonino. L’audizione davanti alle commissioni Esteri e Diritti umani di Palazzo Madama ha un che di imbarazzante, inutile negarlo. Lei, la paladina di tutte le battaglie civili, una vita per i diritti, e alla fine è chiamata a chiarire la sua posizione nell’imbarazzante affaire Shalabayeva, come un Alfano qualsiasi. Perché non ha fatto nulla negli ultimi due mesi per denunciare la vicenda? Ma soprattutto, avrebbe potuto fare qualcosa? Queste le domande che ha dovuto affrontare il ministro, nell’illustrare ai senatori anche le prossime mosse del governo italiano. Che tristezza. E pensare che anni fa ho anche sostenuto l’iniziativa ‘Emma for President’.
Per Emma Bonino le accuse di queste settimane sono un paradosso. Sempre controcorrente, sempre dalla parte dei più deboli, e ora la sua storia rischia di rimanere indelebilmente macchiata dalla questione kazaka. Sì, perché a Emma Bonino io vorrei chiedere non tanto di chiarire una volta per tutte la sua posizione nella vicenda Shalabayeva, ma piuttosto cosa ci faceva in Kazakistan, a casa di un dittatore e a braccetto di un’azienda più che compromessa in tema di tutela dei diritti umani (l’Eni), nel 2007 insieme a Prodi?

Eni Kasakistan

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Italia-Kazakhstan: democrazia a gettone

La questione kazaka è delicata, molto delicata. E non conosceremo mai la verità, statene certi. Sì, salterà qualche testa, ma non si andrà al cuore del problema. Il male si annida nella torbida commistione fra politica e business. Ci sono grandi aziende italiane che hanno in corso affari giganteschi in aree del pianeta dove non c’è democrazia e dove vengono quotidianamente violati i più elementari diritti umani. Ma nel nome dello sviluppo economico i loro progetti vengono sostenuti anche dal nostro  governo. Due nomi soltanto, ma l’elenco sarebbe lungo: Impregilo e Eni. Il primo è il principale gruppo italiano nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria, e dopo l’annunciata fusione per incorporazione di Salini incrementerà la sua quota di mercato; è stato ed è protagonista di molte opere che hanno comportato devastazioni ambientali e lo sradicamento di popolazioni indigene dai luoghi nativi (basti citare la diga di Yacyretà sul fiume Paranà, tra Argentina e Paraguay, e quelle in costruzione nel Lesotho, una enclave all’interno della Repubblica Sudafricana, vicenda quest’ultima per la quale Impregilo è stata anche condannata dall’Alta Corte del Lesotho per aver corrotto l’ex direttore del progetto). Eni è indagata per tangenti e violazioni dei diritti umani in Nigeria e Kazakhstan, e altri forti sospetti insistono sugli affari del Gruppo in Mozambico e Iran. Ora il caso Shalabayeva ha alzato il velo sugli intrecci fra affari e politica in Kazakhstan. Pare che che il dittatore kazako Nursultan Nazarbaev abbia trascorso alcuni giorni di vacanza in Sardegna nella villa di Ezio Simonelli, commercialista, presidente dei collegi sindacali di numerose aziende italiane tra cui Mediolanum e collaboratore con altre importanti imprese tra cui Fininvest. Così l’ombra di Berlusconi si spande anche su questa vicenda. Ora, Dio mi guardi dall’assolvere il Cavaliere dalle sue colpe, ma non lasciatevi ingannare da chi vuol farvi credere che tutto il male sia sempre e solo da una parte. In Kazakhstan e in molti altri Paesi alcune imprese italiane hanno interessi molto forti da tempo. I giri d’affari sono enormi, così enormi da passare sopra le vite umane e i governi, anche quelli di Stati che possono vantare sistemi democratici più consolidati. Guardate questa foto scattata nel 2007 in Kazakhstan, in occasione dell’incontro fra l’Amministratore Delegato di Eni Paolo Scaroni, il primo ministro kazako Karim Masimov e il ministro dell’Energia Sauat Mynbayev. Riconoscete qualcun altro?

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