Quel diavolo di un Salai amato da Leonardo Da Vinci

Cominciamo con un gioco. Pensate ai nomi dei più noti allievi di Leonardo Da Vinci. Probabilmente vi saranno venuti in mente Bernardino Luini e Francesco Melzi. Forse anche Andrea Solari, Marco d’Oggiono e Giovanni Antonio Boltraffio. Se siete appassionati d’arte non vi sarete scordati neppure Cesare Da Sesto e Ambrogio de Predis. Pochi, pochissimi temo, avranno pensato a Gian Giacomo Caprotti. Eppure fu lui l’unico a rimanere vicino a Leonardo quasi per tutta la vita. L’unico a stringere in modo indissolubile il proprio destino a quello del maestro, del quale fu fedele compagno. L’unico a seguirne il peregrinare fra le corti rinascimentali. La vicenda umana e artistica del Caprotti era ben nota agli scrittori del Cinquecento. monumento piazza scalaPerfino il Vasari, nella prima edizione delle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani citò solamente lui fra i discepoli di Leonardo: “ed a lui insegnò molte cose dell’arte; e certi lavori, che in Milano si dicono essere di Salai, furono ritocchi da Lionardo”. Salai, ossia diavolo, così il maestro aveva soprannominato Gian Giacomo a causa del carattere irrequieto. Ma la banale svista di uno storico dissolse nel nulla la sua esistenza per lasciare spazio ad un inesistente Andrea Salaino. Fu Paolo Morigia a dare vita all’equivoco, che è sopravvissuto attraverso i secoli alimentando cervellotiche conclusioni. Egli associò gli epiteti Salai e Salaino, rinvenuti fra le carte di Leonardo, alla figura di Andrea Salimbeni da Salerno, un allievo del pittore Cesare da Sesto. Occorse quasi mezzo millennio per ridare un’identità a Gian Giacomo Caprotti. Tuttavia l’immaginario Andrea Salaino sopravvive ancora oggi nella città di Milano, che continua a dedicargli una strada e a indicarlo fra i quattro allievi formanti corona al maestro nel monumento in piazza della Scala. L’esistenza di Salai è stata straordinaria, almeno quanto la discrezione che l’ha avvolta. Molte storie della pittura non ne citano neppure il nome, quasi fosse un argomento tabù sul quale è opportuno tacere. Com’è possibile che una figura capitale nell’esistenza del più grande genio mai apparso sulla terra sia scomparsa per tanto tempo dalla storia? Figlio adottivo, discepolo prediletto, compagno, quale fu il suo vero ruolo?La vita di Gian Giacomo Caprotti, detto Salai, sembra scritta da un abile sceneggiatore. Nel 1490, a soli 10 anni lasciò il borgo di Oreno, oggi frazione di Vimercate, ed entrò come garzone nello studio milanese di Leonardo da Vinci, di fronte al Duomo. Il suo nome si affacciò per la prima volta alla storia nel 1490. Sul foglio iniziale di quello che sarebbe diventato un giorno il Manoscritto C, lo stesso Leonardo da Vinci annotò: “Iacomo venne a stare con meco il dì della Maddalena nel 1490, d’età d’anni 10”. Da quel 22 luglio la vita dell’artista e quella del suo giovane garzone si saldarono in modo indissolubile. SalaiIl garzone di bottega, giorno dopo giorno, conquistò il bene e la fiducia del maestro fino a diventare l’insostituibile e prediletto allievo. Ogni spostamento li vide uno accanto all’altro. A cominciare dalla partenza da Milano alla volta di Venezia. Poco dopo Leonardo tornò a Firenze, sempre con Salai al seguito. Nella nuova bottega Gian Giacomo cominciò ad eseguire i suoi primi ritratti. Egli non era già più soltanto il vivace e irregolare giovane che tanto aveva fatto sparlare di sé, ma cominciava ad essere anche un artista. Salai.lionardovici / lionardovici. Su un foglio del Codice Arundel, custodito al British Museum di Londra, appare questa scritta. Si tratta di una nota autografa con cui l’allievo unì il proprio nome a quello del maestro. Nei codici di Leonardo sono frequenti i rimandi a Gian Giacomo. Col trascorrere degli anni, il rapporto fra i due si fece sempre più solido, seppure non mancarono mai i litigi. L’allievo prediletto posò come modello per alcuni delle più celebri figure leonardesche e continuò a seguire il maestro nei suoi spostamenti. Tornò con lui a Milano, poi nel 1513 lo accompagnò a Roma. Nel frattempo intensificò la sua attività di pittore, anche se oggi permane molta incertezza sulle sue opere giunte fino a noi. Non dovrebbero esserci dubbi sull’autenticità di una Madonna col Bambino e Sant’Anna, esemplata su quella di Leonardo. San Giovanni Battista SalaiUn tempo, il dipinto era appartenuto a Carlo Borromeo, poi passò nella sacrestia della chiesa di San Celso a Milano, ora è proprietà del museo dell’University of California, a Los Angeles. È rimasto invece a Milano, esposto nelle sale dell’Ambrosiana, il San Giovanni Battista. Due altre opere tradizionalmente attribuite al Salai sono la Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo e la Madonna col Bambino e i Santi Giovanni e Battista, entrambi conservati nella Pinacoteca di Brera a Milano. Il suo dipinto più chiacchierato è la Gioconda nuda. In questo quadro è certa la collaborazione di Leonardo, che dovrebbe aver eseguito personalmente il motivo della spalliera vegetale contro la quale si pone la figura senza veli. Nell’espressione del volto si ravvisa il celeberrimo sorriso della Gioconda, ma il resto Gioconda nuda Salaidel corpo è privo di femminilità e sembra possedere la doppia natura di uomo e di donna. Seppure criticato per la non perfetta esecuzione di alcuni particolari, è stato a lungo attribuito a Leonardo. Ora è conservato in Svizzera. Salai non seguì il padre adottivo nel suo ultimo viaggio. Solamente quando la salute di Leonardo s’aggravò si precipitò in Francia, a Clos-Lucé, dove il maestro era ospite del Re. Ma certamente non fu lì il giorno in cui Leonardo redasse il testamento e non gli fu vicino neppure quando morì. Era già tornato a Milano, forse portando con sé alcuni dipinti del maestro. In eredità aveva ricevuto solamente metà della vigna di San Vittore che la sua famiglia occupava da almeno vent’anni. Si stabilì nella casa fatta costruire sul fondo e riprese il suo mestiere di pittore. Per lui sembrava profilarsi una maturità prospera. Nel 1523 convolò a nozze con Bianca Caldiroli di Annono, donna di rango superiore, che portò in dote la rispettabile somma di 1700 lire. Ma il matrimonio fu assai breve, poiché solo sette mesi dopo, precisamente il 19 gennaio 1524, la vita di Gian Giacomo si spense. Fu una morte violenta, provocata da un colpo di schioppo, a porre fine alla sua irrequieta esistenza. Il diavolo Salai, però, non aveva ancora finito di stupire. Dopo la sua scomparsa, la vedova e le sorelle si contesero l’eredità. Per dirimere la questione nel 1525 fu steso un inventario dei beni, la cui descrizione è tornata alla luce solo di recente. leonardo_giocondaIl ritrovamento ha aperto nuove prospettive circa la sorte iniziale dei capolavori di Leonardo. Fra i beni posseduti dal Salai figuravano quadri denominati la Leda, il San Gerolamo, la Sant’Anna, il San Giovanni Battista e la Gioconda. Erano gli originali eseguiti da Leonardo o soltanto copie fedeli dello stesso Salai? L’alto valore attribuito ai dipinti fa propendere per la prima ipotesi. In realtà la sola cosa certa è l’incertezza che grava attorno alla vicenda di questi quadri negli anni successivi alla scomparsa del maestro. Pochi sono i fatti acclarati: 1) Leonardo li aveva portati con sé in Francia, lo confermano le note di alcuni suoi contemporanei che lo andarono a trovare nel castello di Clos-Lucé, vicino ad Amboise; 2) dei dipinti non si fa menzione nel testamento dell’artista e ciò potrebbe far supporre che a quella data erano già passati di mano. Qui si apre un’altra possibilità, che chiama in scena di nuovo Salai. In un altro documento, anch’esso scoperto da poco, si parla della vendita eseguita da Gian Giacomo, nel 1518, di “quelques tables de peinture” al Re Francesco I per una somma enorme. Ecco dunque cosa potrebbe essere accaduto. Salai raggiunse il maestro in Francia, rimase con lui per un breve periodo, quindi si recò a Parigi dove predispose la vendita dei dipinti al Re. Poi, ritornò direttamente in Italia, secondo alcuni addirittura trattenendosi la somma riscossa. Questo spiegherebbe perché i dipinti non apparvero nel testamento. Al di là di ogni possibile congettura, oggi il fatto indubitabile è che Gian Giacomo trascorse buona parte della sua vita accanto a Leonardo. Riguardo a tutto il resto vi è ancora molto da sapere. Indagare sulla sua figura consentirebbe dunque di restituire un’identità ad un importante attore del Rinascimento e, forse, anche di risolvere alcuni dei misteri che ancora avvolgono l’esistenza di Leonardo da Vinci.Salai modello

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